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Il MANN- Museo Archeologico Nazionale di Napoli è tra i più̀ antichi e importanti al mondo per ricchezza e unicità̀ del patrimonio e per il suo contributo offerto al panorama culturale europeo. Vanta il più ricco e pregevole patrimonio di opere d’arte e manufatti di interesse archeologico in Italia, con una superficie espositiva complessiva che raggiungerà i 15.000 mq alla fine del 2020. Le collezioni del MANN hanno origine grazie al Re Carlo di Borbone, che nel 1738 e nel 1748 diede il via all’esplorazione rispettivamente di Ercolano e Pompei, sepolte dall’eruzione del 79 d.C. e portò a Napoli una parte della prestigiosa collezione ereditata dalla madre Elisabetta Farnese. Ferdinando IV, suo figlio, riunì poi la collezione Farnese e quella dei reperti vesuviani, nel “Palazzo degli Studi”, attuale sede del MANN. Attualmente il Museo è un Istituto culturale in continua crescita, grazie alle grandi mostre, il restyling delle collezioni, l’apertura di nuovi spazi espositivi e di nuovi servizi . Il 2019 è stato un anno eccezionale, che ha fatto registrare oltre 670.000 ingressi, collocando il MANN al decimo posto nella classifica dei Musei statali italiani.
Il MANN già da alcuni anni dedica grande attenzione alla Cina attraverso l’allestimento e la presentazione di mostre in Italia e in Cina, testimonianze effettive della volontà di stabilire un legame sempre più profondo tra Oriente e Occidente. Ne sono un esempio le mostre ospitate al MANN: “Mortali–Immortali. Tesori del Sichuan nell’antica Cina” e quella dell’artista Cai Guo-Qiang (Leone d’oro alla Biennale di Venezia) e “Pompei-the Infinite Life”, mostra itinerante in esposizione in Cina con oltre due milioni di visitatori nei primi sei mesi. Tutte hanno avuto un enorme successo, hanno suscitato grande interesse nei visitatori rimasti affascinati dalla bellezza dei reperti in esposizione. Il MANN e la Cina, operano per confermare un legame sempre più solido nella promozione del patrimonio culturale italiano in Cina e di quello cinese in Italia.
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L’intervista a due voci è di Paolo Giulierini (Direttore) e di Amelia Menna (Ufficio Scientifico)
Il MANN ha sviluppato con la Cina in questi anni un programma di scambio di mostre espositive sull’archeologia e sulle proprie culture antiche. Quale interesse hanno suscitato nel pubblico sia in Italia che in Cina?
Amelia Menna: Già nel 2006 il MANN aveva ospitato una mostra sull’arte di periodo Tang, nata da una solida motivazione scientifica legata ai risultati delle campagne archeologiche in Cina dell’Università di Napoli “L’Orientale”. Nel 2009 abbiamo partecipato, con il prestito di 110 reperti, all’eccezionale progetto espositivo “I due Imperi. L’Aquila e il Dragone”, nel quale venivano presentate le culture dell’antica Roma e delle dinastie Qin e Han. Dal 2016 al 2018, invece, abbiamo creato per il pubblico cinese ben cinque mostre diverse, tutte in larga misura incentrate sui reperti del MANN, che hanno viaggiato attraverso quindici sedi museali. Nell’ultimo anno, ha visto la luce “Pompei-the Infinite Life”, un progetto espositivo che ha avuto un enorme successo di pubblico, con oltre 3 milioni di visitatori in 5 diverse sedi museali cinesi, tra cui anche il Museo del Mausoleo di Qinshihuangdi a Xi’an, celebre per ospitare l’Esercito di Terracotta. L’emergenza legata al Covid19 ha invece impedito una mostra già prevista con il Museo Nazionale di Pechino, incentrata sulle nostre sculture di epoca romana.
Al MANN, la mostra “Mortali–Immortali. Tesori del Sichuan nell’antica Cina”, per la prima volta in Italia con eccezionali reperti in bronzo, oro e giada provenienti da cinque grandi musei della Provincia del Sichuan, grazie al sostegno della Regione Campania, ha riscosso un notevole successo. Per l’occasione, abbiamo presentato anche i preziosi tessuti in seta di manifattura napoletana appartenenti alla Chiesa dei Santi Filippo e Giacomo, sede dell’antica Corporazione dell’Arte della Seta e, in collaborazione con l’Istituto Confucio di Napoli, una mostra sull’arte del teatro di figura cinese, con l’esposizione di antiche marionette e burattini appartenenti a una collezione privata. Nel solco del dialogo tra Oriente e Occidente, declinato anche in veste di arte contemporanea, in collaborazione con la Fondazione Morra, abbiamo ospitato una mostra personale dell’artista Cai Guo-Qiang, Leone d’oro alla Biennale di Venezia, famoso in tutto il mondo per le sue installazioni esplosive e ben 70 opere di artisti cinesi in una mostra promossa con lo Zhejiang Art Museum di Hangzhou. Insieme alle mostre abbiamo ideato una fitta rete di eventi per avvicinare il nostro pubblico alla millenaria cultura cinese: dai festeggiamenti per il Capodanno cinese, con l’esposizione di reperti provenienti dai depositi del MANN e collegati agli animali totem del calendario cinese, al denso programma di iniziative sviluppatesi all’insegna dei legami con la Cina, in occasione della settimana dei Musei 2019, voluta dal Ministero dei Beni Culturali. Viceversa, la comunicazione del nostro patrimonio culturale al pubblico cinese è avvenuta anche attraverso le più moderne tecnologie: si pensi ad esempio a “Father and Son”, il primo videogioco mai pubblicato da un museo italiano, tradotto in cinese e scaricato da milioni di utenti in tutto il mondo, che ha come ambientazione proprio le sale del museo, o ancora il ciclo di video “emozionali” e artistici del progetto “Antico presente” del regista Lucio Fiorentino, per i quali abbiamo realizzato i sottotitoli in cinese.
Come vede, le mostre rappresentano solo la punta dell’iceberg all’interno di un discorso più complesso che punta all’apertura verso le culture più lontane e al coinvolgimento dei diversi pubblici nella vita del Museo.
Come prevede la riapertura del museo al pubblico in questa seconda fase e quali insegnamenti avete potuto cogliere dall’esperienza dei colleghi cinesi?
Paolo Giulierini: Il Museo Archeologico Nazionale di Napoli non riaprirà il prossimo 18 maggio, ma ai primi di giugno: questa scelta è stata fatta per garantire il massimo della sicurezza, a visitatori e dipendenti. Gli standard di qualità verranno garantiti in maniera rigorosa e ci atterremo alle linee guida del Governo e della comunità scientifica: l’ingresso sarà consentito su prenotazione e per gruppi contingentati, per garantire un flusso di pubblico ordinato e in totale sicurezza. Il primo periodo sarà di certo caratterizzato da una fruizione limitata e da un ridimensionamento netto degli eventi culturali, quali conferenze e rassegne tematiche, e il digitale si configurerà come strumento complementare alla visita in loco. Tutte le mostre temporanee in programma sono state rimodulate secondo un ordine temporale diverso per un’offerta che, in ogni caso, è confermata nei contenuti e nelle proposte. La mostra sugli Etruschi segnerà la riapertura, mentre l’esposizione sui Gladiatori sarà programmata a partire da gennaio 2021. Ci saranno le proroghe delle mostre che non sono state più fruibili a causa del lockdown: dall’archeologia subacquea di “Thalassa, meraviglie sommerse dal Mediterraneo” alla Preistoria di “Lascaux 3.0”, senza sacrificare la didattica accattivante di “Capire il cambiamento climatico”.
Da questo punto di vista, i musei cinesi ci hanno anticipato nelle strategie di riapertura e la loro esperienza serve sicuramente da esempio: lì le autorità hanno deciso di riaprire i musei a metà marzo, dopo 40 giorni circa dallo scoppio dell’epidemia, anche se ancora oggi non mancano paure e preoccupazioni. Sono state predisposte regole precise per accedere e si attua un costante monitoraggio del numero degli ingressi, che è limitato e possibile solo con prenotazione online o tramite WeChat (il WhatsApp cinese). Ogni museo ha preso le proprie precauzioni per gestire la folla e garantire la salute dei propri visitatori, facendo la scansione della temperatura corporea e sanificando continuamente gli ambienti. Al museo di Chengdu, ad esempio, sono ammessi fino a 300 visitatori all’ora, per un massimo di 2000 ingressi al giorno, non vengono più effettuate visite guidate, è interdetto l’uso degli ascensori, e i negozi di libri e souvenir all’interno del museo sono chiusi. All’ingresso, i visitatori devono fornire il proprio ” QR code sanitario”, secondo un sistema che individua diversi livelli di rischio con un codice colorato, in cui il rosso indica che un individuo è positivo al virus, il giallo che si trova in quarantena e il verde che è sano. Ad ogni modo, in Cina come in Italia i musei lavorano per non creare assembramenti, al fine di garantire l’incolumità dei visitatori ed evitare quello che tutti temono: la ricaduta, l’epidemia di ritorno.
Quali ritiene essere le principali differenze circa i metodi di approccio alla conservazione dei beni culturali tra l’Italia e la Cina?
Paolo Giulierini: In occasione delle “Giornate di studio Italia-Cina. Parchi Archeologici e Musei, due esperienze a confronto”, organizzate dal MANN in collaborazione con il Parco Archeologico di Paestum, parallelamente alla mostra “Mortali Immortali”, si sono affrontati i temi delle buone pratiche di tutela e valorizzazione nei due Paesi, nell’ottica dell’internazionalizzazione e della condivisione delle esperienze, con lo scopo di individuare best practices comuni, nel riconoscimento della competenza archeologica italiana come fondamentale per il progetto di riqualificazione di alcuni siti urbani in Cina. I nostri due Paesi, che hanno espresso nel passato gli Imperi più solidi e conquiste culturali di portata universale, oggi hanno la volontà di mettere a confronto in forma strutturata le esperienze più avanzate in chiave di tutela, gestione e valorizzazione dei beni culturali, per un reciproco arricchimento.
In Cina, lo straordinario processo di crescita economica e la frenetica attività edilizia, hanno come conseguenza più evidente la trasformazione del paesaggio urbano. La costruzione di nuove infrastrutture porta spesso alla scoperta di nuovi contesti archeologici, e costituisce allo stesso tempo un’opportunità e una minaccia alla salvaguardia del patrimonio culturale. A differenza dell’Italia, dove gli scavi di ricerca si riferiscono a progetti con obiettivi archeologici predefiniti, in Cina gli scavi di emergenza hanno un ruolo predominante e riflettono il bisogno di salvare dalla distruzione il patrimonio ritrovato in seguito al rapido sviluppo urbano. Sotto questo punto di vista, il contrasto sempre più netto tra conservazione e innovazione funge da premessa ad un serio interesse scientifico da parte cinese per la tutela del proprio patrimonio storico e culturale e per la ricerca di frequenti occasioni di collaborazioni e scambi scientifici internazionali. L’alta competenza italiana nei settori della ricerca archeologica, del recupero e della salvaguardia del patrimonio culturale, ha fatto sì che il nostro paese potesse giocare un ruolo fondamentale, così come previsto dall’atto internazionale del 2016 siglato dal Ministro Franceschini con il Ministro della Cultura cinese Luo Shugang.
Il MANN ha sottoscritto anche un accordo di cooperazione con la Provincia del Sichuan. Quali progetti sono in corso e come vede la collaborazione dopo la diffusione di questa pandemia?
Paolo Giulierini: Il protocollo di intesa firmato nel 2018 tra il MANN, il Parco Archeologico dei Campi Flegrei e il Dipartimento per la Cultura della Provincia del Sichuan è incentrato sulla cooperazione per la tutela e la valorizzazione del Parco Archeologico urbano di Donghuamen a Chengdu. Un ulteriore protocollo d’intesa è stato definito anche tra il MANN e il Museo della Sichuan University per la creazione di mostre, scambio di esperti e ricerche volte ad applicare metodologie innovative e sperimentali. L’attuazione dei protocolli si inserisce nell’ambito delle attività del Forum culturale Italia-Cina, una piattaforma di dialogo permanente di alto profilo inter-istituzionale tra i settori della cultura e delle industrie creative dei due Paesi, volta alla costruzione di una “nuova via della seta” della conoscenza, della cultura e dello sviluppo.
Entrambi i protocolli sono stati seguiti da una convenzione operativa, elaborata per il triennio 2019-2021 sulla base dell’intenso confronto sviluppatosi tra esperti italiani e cinesi, che assicura continuità e sistematicità ai rapporti di collaborazione e prevede la nascita di un Istituto Sino-Italiano di Archeologia Urbana, in cui i gruppi di ricerca afferenti a diversi settori disciplinari (archeologia, storia dell’arte, architettura urbana, restauro, museologia, economia, comunicazione, diritto, design) possano affrontare in maniera integrata complessi progetti di valorizzazione delle aree archeologiche in ambito urbano. Attualmente, il cronoprogramma delle attività è ancora in fase di definizione: a novembre 2019, nel corso della Missione della Regione Campania nel Sichuan, a cui il MANN ha preso parte, tutti i soggetti coinvolti hanno espressamente rinnovato la loro ferma volontà di proseguire nella ricerca con i più moderni metodi di indagine, tutela, gestione e comunicazione dello straordinario patrimonio archeologico nel sito di Donghuamen a Chengdu, dove sono venuti alla luce reperti eccezionali che coprono un lunghissimo arco temporale di più di mille anni, dal periodo Han alla dinastia Qing. Non appena l’emergenza dovuta al Covid19 sarà terminata contiamo di riprendere i contatti con tutte le parti coinvolte per l’attuazione dei diversi progetti.
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