Cina-Italia, la cooperazione non si ferma| Giulia Gallarati (Camera di Commercio italiana in Cina) | Emerge un grande messaggio di voglia di ricominciare: tutti i settori sono fortemente impegnati nel rilanciare il business in Cina.

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[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_row_inner][vc_column_inner width=”2/3″][vc_column_text]La Camera di Commercio italiana in Cina (CCIC) che opera per favorire l’internazionalizzazione delle imprese italiane e promuovere il Made in Italy in Cina, è l’unica associazione di imprenditori e professionisti italiani ufficialmente riconosciuta dallo Stato italiano (MiSE) e dalla Repubblica Popolare Cinese (Ministero degli Affari Civili, MoCA). Con circa 400 soci, comprende le principali realtà imprenditoriali italiane (imprese a partecipazione statale e multinazionali italiane), PMI manifatturiere e commerciali, società di servizi etc. Oltre ai servizi di assistenza e consulenza al proprio business, la CCIC offre opportunità di informazione, formazione, condivisione contatti d’affari ed una autorevole piattaforma di rappresentatività riguardo tematiche di interesse comune.

L’intervista è di Giulia Gallarati, Segretario Generale della CCIC.[/vc_column_text][/vc_column_inner][vc_column_inner width=”1/3″][vc_single_image image=”9028″ img_size=”full”][/vc_column_inner][/vc_row_inner][vc_column_text]

La Camera di Commercio pubblica un Report mensile sull’impatto del Covid 19 nella comunità imprenditoriale italiana in Cina, come è lo stato di salute delle imprese?

Dai dati emersi nella seconda indagine condotta dalla CCIC sull’impatto del COVID-19 è evidente che, nonostante il grande impegno profuso dalle imprese per accelerare il processo di ritorno a pieno regime delle attività d’affari, la prospettiva per l’anno 2020 è piuttosto negativa e colpisce sia le aziende Italiane in Cina, che la Sede in Italia. Circa il 28% del campione prevede infatti una diminuzione dei ricavi globali maggiore del 30%, mentre oltre il 22% è più moderato nella valutazione, ipotizzando una diminuzione dal 10% al 20%. Vi è inoltre enorme preoccupazione tra la comunità d’affari italiana in Cina per come si stia sviluppando la situazione in Italia – per il 58% l’impatto che l’epidemia avrà sul business delle aziende Italiane in Cina sarà molto serio.

A risentire più fortemente della crisi legata all’epidemia sono le aziende di piccola e media dimensione, e operanti nel settore dei servizi (educazione, turismo etc.), servizi intangibili e commercio. Piuttosto positive sono le risposte relative alla filiera di fornitura: oltre il 93% del campione rispondente ha ripristinato la propria catena di approvvigionamento (per il 39,44% completamente, per circa il 54% parzialmente) e circa l’80% non ha apportato modifiche ad essa né in Cina né a livello globale nonostante il quadro critico. Oltre la metà dichiara inoltre che le operazioni siano ritornate alla normalità pur in un contesto di difficoltà legate alle misure di contenimento del COVID-19. A non essere ritornate alla normalità, nonostante gli sforzi, sono le vendite – ammette oltre il 27% del campione rispondente. A grandi linee, dai dati emerge al tempo stesso un grande messaggio di voglia di ricominciare: tutti i settori sono infatti fortemente impegnati nel rilanciare il business in Cina.

Come si è espressa la solidarietà nel mondo imprenditoriale, prima dall’Italia verso la Cina, e poi dalla Cina verso l’Italia?

Come CCIC abbiamo riscontrato diverse azioni di supporto da parte delle aziende italiane presenti in Cina verso le istituzioni ed enti cinesi come immediata risposta all’emergenza che il sistema sanitario cinese stava affrontando e successivamente da parte del governo cinese nei confronti dell’Italia, con lo scopo di supportare il nostro Paese nel momento di massima criticità. Infatti, la Camera di Commercio Italiana in Cina ha preso parte ad un’azione congiunta portata avanti dall’Ambasciata d’Italia a Pechino volta a raccogliere e coordinare donazioni spontanee di aziende locali finalizzate a inviare materiale di supporto all’emergenza in Italia. Ancora una volta, queste manifestazioni di supporto sono state sinonimo delle ottime relazioni bilaterali tra i due Paesi, confermate in un anno particolarmente significativo per Italia e Cina.

Il 2020 celebra anche il 50° anniversario dei rapporti diplomatici tra Cina e Italia, quali sono secondo lei gli elementi che possono aiutare alla ripartenza dei rapporti economici tra i due Paesi?

Anche a seguito dei risultati rilevati dal sondaggio della CCIC, emerge ancora una volta con chiarezza la volontà di riprendere spediti le attività d’affari, anche se si è consapevoli che i traguardi economici potranno essere conseguiti solo attraverso una ripresa graduale a causa della complessa situazione mondiale che si è venuta a creare, e nonostante le misure a sostegno messe in atto dal governo cinese.

In questo determinato periodo storico in cui l’epidemia avrà come effetto quello di approfondire le faglie di competizione geopolitica, auspichiamo Italia e Cina possano dare un forte segnale alle imprese, mirando ad una governance condivisa dell’emergenza sanitaria e delle sue conseguenze economiche, agendo rapidamente per agevolare una ripresa economica veloce e fattiva a beneficio di entrambi i Paesi. È importante ricordare che il nostro Paese riveste un’importanza speciale per Pechino, essendo l’unico membro del G7 ad aver stipulato un Memorandum d’intesa a sostegno della Via della Seta. Questo e i Memorandum siglati durante la visita del Presidente Xi in Italia nel marzo 2019 potranno essere lo spunto per ripartire e lavorare al fine di rafforzare e promuovere la sintonia Sino-Italiana, nella condivisa lotta contro il Coronavirus.

Dai risultati emersi dall’indagine della CCIC, si evince la necessità da parte della comunità business italiana in Cina di ricevere sostegno da parte del Governo Cinese in termini di riduzioni fiscali, sussidi e politiche chiare e trasparenti. Le aziende italiane in Cina auspicano, inoltre, da parte dell’Italia un maggiore supporto soprattutto in termini di incentivi agli investimenti esteri e agevolazione nell’accesso al credito.

Non dimentichiamo che il 2020 segna anche l’Anno del Turismo Italia-Cina.  Essendo purtroppo il turismo uno dei settori più fortemente colpiti dalla contrazione economica, è fondamentale ricercare nuove strade percorribili per il rilancio dello stesso, facendo ad esempio leva sul concetto di sicurezza come conditio sine qua non per promuovere il turismo tra i due Paesi.

Si riscontra inoltre una maggiore cautela, a seguito della diffusione del COVID-19 anche in Italia, verso l’acquisto e il consumo dei prodotti italiani sul territorio cinese. Questo necessiterà di un rafforzamento delle strategie comunicative e campagne di promozione del Made In Italy per riacquistare la fiducia dei consumatori locali.

Come cambierà a suo parere il modello della globalizzazione dopo il Covid-19?

Nonostante al momento sia difficile misurare e prevedere quali cambiamenti vi saranno in merito agli equilibri internazionali, è sicuramente possibile fare delle considerazioni in merito alle dinamiche commerciali e lavorative a seguito del COVID-19.

Una delle prime conseguenze concrete che riguarderanno l’Italia, ma anche la Cina, probabilmente toccherà l’incremento d’investimenti nella ricerca medico-scientifica e quella legata alle infrastrutture digitali. Inoltre, vi sarà maggiore attenzione al collocamento di risorse e attività legati alla sicurezza dei luoghi di lavoro e dei luoghi pubblici.

A livello produttivo, il COVID-19 ha sicuramente evidenziato le ricadute nelle catene di produzione globalizzate di diversi settori. La chiusura della città di Wuhan, ad esempio, dove si trova la più grande concentrazione di fornitori nel settore della produzione della fibra ottica, ha rallentato la produzione di materiale, causando potenziali rallentamenti nella produzione degli smartphones. In quest’ottica è possibile prevedere in futuro una rivalutazione a livello globale delle catene di approvvigionamento e lavorazione dei materiali.

L’epidemia sta infatti mostrando al mondo quanto fragile sia un modello di globalizzazione fondato su una dipendenza elevatissima da un solo paese come fornitore per molti settori. Alla luce della riorganizzazione da parte di molte imprese delle proprie catene di fornitura da un lato, e dall’altro la volontà da parte della Cina di ridurre la dipendenza tecnologica dai paesi tecnologicamente più avanzati aumentando la produzione interna, si potrebbe determinare una riduzione dell’interdipendenza economica tra la Cina e il resto del mondo.

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